domenica 20 febbraio 2011

VOLTARE PAGINA

Stamattina sul "Giornale" Giuliano Ferrara invitava a "salvare il soldato Bersani". Perchè lo voglia salvare lo l'ha spiegato ieri sul "Foglio": perchè altrimenti si mette in gioco il bipolarismo. Per realizzare il bipolarismo, infatti, bisogna essere in due, e se uno dei due va in crisi il sistema salta.
Oggi però bisogna capire che cosa succede di un sistema bipolare quando vanno in crisi entrambi i suoi protagonisti. Neanche il polo di destra, infatti, si sente troppo bene.
Ieri Ferrara, interpretando a suo modo un intervento di Michele Salvati sul "Corriere", paventava che senza il bipolarismo si negherebbe la sovranità popolare e si consegnerebbe il paese alle tecnocrazie dell'Unione europea. E' un rischio serio, specialmente se si tiene conto dell'obiettiva debolezza degli Stati-nazione. Ma è esattamente il rischio che sta correndo l'Italia, non malgrado il bipolarismo, ma proprio grazie al "bipolarismo reale" che vige da un ventennio, e che fa si, come ha detto Salvati, che per il nostro paese la politica non sia più la soluzione ma il problema.
Del resto se uno dei due poli si regge sul potere di ricatto di una forza che non vuole celebrare neanche l'anniversario dell'unità nazionale, non si vede come questo "bipolarismo reale" potrebbe difendere l'autonomia dello Stato-nazione dagli gnomi di Bruxelles.
Intendiamoci, il bipolarismo è una bella cosa. Lo predicammo anche noi, quando eravamo giovani, contro il "bipartitismo imperfetto" e il compromesso storico. Ma se non funziona, non funziona. Il multiplo di due, peraltro, non è tre, come osservò tempo fa Rino Formica sempre sul "Foglio": per cui la soluzione non è un terzo polo, come Fini sta amaramente sperimentando.
Le soluzioni possono essere altre due. Una è quella di passare dal bipolarismo politico al bipolarismo territoriale: di affiancare, cioè, al partito del nord un partito del sud, perchè i due si fronteggino e magari quando serve si coalizzino nel negoziato con Bruxelles. Dal punto di vista della sovranità nazionale non sarebbe un gran risultato, ma sarebbe sempre meglio del niente con cui oggi l'Italia assiste alla crisi del Mediterraneo.
L'altra è quella di voltare pagina, perchè si formino davvero partiti nazionali che spezzino le oligarchie del "bipolarismo reale", e che all'inizio magari siano tanti quanti riescono ad essere. A semplificare il sistema in forme più significative di quelle caricaturali di oggi ci penseranno poi le regole costituzionali e le leggi elettorali da aggiornare (e non da agitare come clave alla maniera di Berlusconi e di Bossi).
LUIGI COVATTA










4 commenti:

  1. Volete solo tornare alla prima repubblica. E del resto Covatta è un vecchio arnese della prima repubblica. Invece bisogna guardare al futuro.

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  2. Meglio i vecchi arnesi che i nuovi. Berlusconi comunque ha avuto quasi vent'anni per guidare l'Italia verso un futuro. A quanto pare non c'è riuscito, ed ora ha rotto tutte le uova senza aver fatto nessuna frittata.

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  3. Ce ne fossero in giro "vecchi arnesi" come Covatta....

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  4. Per fare un partito ci vogliono sezioni di partito su tutto il territoro nazionale dove la gente va a discutere... ma tutto è stato spazzato via quando qualcuno ha pensato che bastava avere tanti soldi e la TV... così ora la gente si mette davanti alla TV solo che non possono mai intervenire e parlano sempre i soliti noti... domanda che rivolgo a voi, chi ha cominciato tutto questo... voi ditemi quello che pensate poi vi dico la mia...

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