lunedì 4 luglio 2011

L’ANDREOTTISMO IERI E OGGI


Vorrei avanzare in forma interrogativa un’ipotesi che a qualcuno potrà apparire azzardata. Quale responsabilità ha la sinistra nella riapparizione, sotto altre forme, del degrado politico che trent’anni or sono si chiamò “andreottismo”, e quali le radici che hanno portato dalla P2 alle altre cosiddette “P”?  Il “bisignanismo” d’oggi con i capitoli lobbistici, millantatori e imbroglionistici, è senza dubbio la reincarnazione di quell’andreottismo che fondava la sua variegata consorteria sul potere istituzionale e sotterraneo, su pezzi dell’apparato statale, e sui potentati economici fino a toccare settori delle forze armate. E’ accertato che tra gli anni ’70 e ’80 del Novecento, Giulio Andreotti fu al centro di una serie di episodi che culminarono negli scandali Sindona e P2 di cui il ministro rappresentò il vero pivot. Non tutti sono a conoscenza, ad esempio, di ciò che Vaticano Spa di Gianluigi Nuzzi ha portato alla luce dando notizia del conto presso l’IOR “in cui transitarono milioni di banconote e miliardi in contanti” intitolato a una fantomatica “Fondazione Spellmann” gestita per conto di Andreotti da monsignor Donato de Bonis: notizia che io  avevo già pubblicato nel 1983 nella relazione di minoranza dell’inchiesta parlamentare Sindona.
Senza insistere con le memorie, intendo solo richiamare qui l’attenzione sul fatto che il PCI di allora non volle mai condurre una campagna politica contro Andreotti e l’andreottismo perché fino alle elezioni del 1983 si adoperò per riallacciare quel dialogo compromissorio con la DC che aveva avuto i prodromi nel 1978 al tempo di Moro. Quando nell’ottobre 1984 si discusse alla Camera a conclusione dell’inchiesta Sindona la mozione radicale con la quale si chiedevano le dimissioni del ministro degli esteri, i deputati comunisti si astennero con l’effetto di salvare da una probabile fine Andreotti, responsabile politico - ripeto “politico” - di non pochi misfatti. Qualche anno dopo, però, gli stessi comunisti, o una loro parte che non aveva voluto prendere iniziative politiche anti-andreottiane, si adoperò per azionare contro di lui la via giudiziaria, prima con la commissione antimafia di Luciano Violante, e poi con il processo di Palermo con la farsa del bacio che finì con la definitiva assoluzione del personaggio, uscito così  indenne dal martellamento giudiziario. L’atteggiamento dei comunisti, o di quelli di loro che condussero il gioco, rispetto al morbo andreottiano fu di valorizzare al massimo la via giudiziaria, come del resto accadde con il massacro di tangentopoli dei partiti non comunisti. 
Oggi, non è superfluo ricordare l’atteggiamento di allora della sinistra comunista rispetto ad Andreotti e all’andreottismo perché in qualche modo si trattò dell’affermazione paradigmatica del primato della via giudiziaria su quella politica con tutti i fallimenti e i guasti che ne sono derivati per l’Italia degli ultimi quarant’anni. In questo momento – mi pare – si corrono gli stessi pericoli di allora con il rischio di finire in un vicolo cieco o, magari, in uno sbocco simile a quello del 1994 che ci riservò il berlusconismo. Da tempo ormai l’antiberlusconismo nelle varianti giornalistiche e politiche, ha puntato - poco importa se coscientemente o meno - sulle soluzioni giudiziarie che si autoalimentano in una spirale che moltiplica immaginifiche “P”, purché siano in grado di suscitare clamore giornalistico e consenso viscerale. Personalmente, da garantista, non sono affatto minimalista nei confronti del formicaio purulento venuto fuori dal caso Bisignani e dintorni. Non tutti sanno, per ricorrere a un parallelismo, che insieme alla fasulla “fondazione Spellmann” di Andreotti, Bisignani aprì nell’ottobre 1990 un conto all’IOR intestato ad una altrettanta fasulla “Louis Augustus Jonas Foundation (Usa)” con 600 milioni in contanti, destinata a raccogliere somme per “l’aiuto ai bimbi poveri”. Al di la delle malefatte penali di cui continua a occuparsi la magistratura, a me pare che in sede di responsabilità politica e di pubblica opinione dobbiamo distogliere lo sguardo dal terreno giudiziario per concentrarci sulle ragioni e le modalità che hanno distorto ed avvilito i legittimi meccanismi politici ed istituzionali.
La sinistra comunista ebbe allora molte responsabilità nel tenere in vita ed alla fine santificare un indenne Andreotti con tutto l’andreottismo. Facciamo in modo che questa volta i democratici alternativi al centro-destra non combinino altrettanti guai con Berlusconi e Bisignani, e con il berlusconismo ed il bisignanismo che, forse, si sono potuti sviluppare anche grazie all’atteggiamento che la sinistra prese di fronte all’immarcescibile democristiano. 
MASSIMO TEODORI
Articolo pubblicato da  “Il Riformista”, 2 luglio 2011


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