mercoledì 18 gennaio 2012

ESISTENZA, POLITICA E CRISI

Più volte, negli ultimi mesi, è stata colta l’analogia fra la guerra e l’attuale situazione di crisi. Quasi come in guerra, ogni ambito della vita degli esseri umani sembra toccato.
A rileggere Aristotele o Cicerone, emerge un nesso forte fra benessere personale, famiglia e solidità dello Stato. Una concezione per la quale l’equilibrio familiare, della “casa”, rappresenterebbe la premessa indispensabile per una sana vita pubblica. Secoli dopo, invece, è prevalso il modello “borghese” dei vizi privati e delle pubbliche virtù (o, specularmente, dei vizi pubblici e delle virtù private). I conflitti interiori e il travaglio esistenziale dei singoli non si risolvevano nella famiglia, e la politica sembrava seguire leggi sue proprie, lontane tanto dagli individui quanto dai focolari.
Le guerre, per contro, rappresentavano momenti eccezionali, investendo o lambendo ogni ambito: la scuola, il lavoro, gli amori, la routine domestica e non di rado la stessa integrità fisica. Lo Stato, gli Stati disponevano persino del corpo, del corpo biologico.
Difficile ora interpretare i casi di suicidio di cui ci narra la cronaca degli ultimi giorni. Di certo il rapporto fra sfera pubblica e privata sta mutando. La crisi entra dappertutto e non risparmia case, coppie e sottili equilibri psicologici personali. Un tempo si usava la metafora della stanza da letto: guai per lo Stato entrarvi, si diceva. Oggi la crisi coinvolge tutte le stanze. Uno spettro che non conosce muri, come emerge anche dall’esperienza degli psicoterapeuti.
Riusciremo a farne tesoro per ridefinire domani i limiti e le opportunità della nostra esistenza individuale e collettiva e il perimetro di una ricerca, quella della felicità, che sia davvero libera e responsabile?
DANILO DI MATTEO

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