martedì 22 novembre 2011

QUARESIMA E RESURREZIONE

“Son già sicuri di aver vinto, anche le maschere van giù, ormai non ne han bisogno più: son già seduti in Parlamento”.
È il 1973 e Giorgio Gaber canta la sua “presa del potere”. In un’Italia che gioca alle carte e parla di calcio nei bar, al governo arrivano l'intellighenzia e gli scienziati, i tecnocrati, bellissimi e hitleriani.
Dev’esserci un certo nostalgismo verso il proprio passato, nella posizione che nei giorni scorsi ha tenuto Giuliano Ferrara, uno che nella vita ha cambiato più volte casacca e religione.
Non si spiega altrimenti l’allarme dell’illustre Elefantino, che ha radunato i suoi mille per denunciare la reale natura del neonato governo Monti: un “furto di democrazia”, un “complotto delle banche”, un “golpe per mezzo di spread”, che espone il Paese al rischio di una “direzione etero-lobbistica”.
Una teoria, quella della sospensione della democrazia, cavalcata dallo stesso Silvio Berlusconi, che, subito dopo aver presentato le proprie dimissioni come atto di responsabilità e magnanimità verso il Paese, ha smesso gli inediti panni del pater patriae per rimettere quelli a lui certamente più consoni della vittima sacrificale. Sempre la stessa commedia, cambiano i congiurati: i giudici comunisti hanno lasciato il posto al “terrorismo dell'opposizione, della stampa, della stampa straniera”.
La polemica sulla presunta illegittimità del governo Monti, posta in questi termini, si esaurisce velocemente nella sua pretestuosità. Nulla osta, nella nostra carta costituzionale, il ricorso a un esecutivo di questo tipo. Esecutivo che, tra l’altro, gode di un’amplissima maggioranza parlamentare.  
Si potrebbe al massimo affermare, parafrasando Schumpeter, che l’unica sospensione cui assistiamo è quella relativa al momento della competizione elettorale. Una sospensione che appare non solo risibile ma anche auspicabile, a maggior ragione in virtù dei danni che il ricorso a una campagna elettorale permanente ha provocato, in termini di provvedimenti e di deresponsabilizzazione della politica, negli ultimi anni.
E pur tuttavia, la scelta di un governo tecnico in un momento di instabilità così grave riapre l’annoso dibattito sullo stato di salute dei partiti italiani.
Di crisi dei partiti si parla ormai da diverso tempo. Una crisi che riguarda, non soltanto e non più, la pretesa funzione di rappresentanza degli interessi di un elettorato sempre più disaffezionato e lontano dalle logiche tradizionali di affiliazione. Il malessere dei partiti italiani, a questo punto, coinvolge piuttosto la funzione di selezione e formazione delle classi dirigenti. In questo senso, la personalizzazione “impersonale” del ventennio berlusconiano è l’esempio più lampante di un fenomeno ben più diffuso e trasversale.  E ora che il vaso di Pandora è stato aperto, il governo dei tecnici si è insediato, dimostrando il fallimento di un’intera classe politica.
Non è questo il momento per discutere: di fronte a un’emergenza di queste proporzioni l’unità è l’unica risposta, e anche le faide partitiche dovranno aspettare. E pur tuttavia, paradossalmente, il governo Monti potrebbe offrire a una classe politica al tramonto un’inaspettata occasione di rifondazione. Quale occasione migliore di un’incombente crisi sistemica, per dimostrare di poter generare una classe di “politici di professione”, che, nel senso weberiano del termine, agisca con passione (Sachlichkeit), lungimiranza, e, finalmente, senso di responsabilità?
NOEMI TRINO

1 commento:

  1. Inutile dire, Noemi, che sono d' accordissimo con te. Come ho scritto anche nel mio pezzo, il Governo Monti è perfettamente legittimo, non solo da un punto di vista prettamente giuridico, ma anche politico. Anzi, come ha scritto Ocone, non credo si debba parlare di governo tecnico/emergenziale in contrapposizione a governi politici/ordinari; tutti i governi sono politici, già solo per il fatto che tutte le scelte, in un modo o in altro, sono politiche. Che poi sia sulla crisi dell' attuale sistema partitico che il Governo Monti è sorto, ciò è fuor di dubbio. Ed è proprio per questo, che tale esecutivo tecnico e politico dovrà sperimentare la metodologia della "buona politica", cioè di quella politica che, a partire da un determinato e necessario retroterra culturale, individua le problematiche da affrontare e risolvere demandando ai "tecnici" un' analisi seria, competente ed approfondita del problema e l' elaborazione di un ventaglio, più o meno ampio, di soluzioni possibili tra le quali la politica stessa deve sceglire. Come vedi è un circolo che si apre e chiude con la "politica". Il Governo Monti dovrà essere il governo di una nuova metodologia.
    Lillo De Domenico

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