Paolo Savona, in Eresie,
esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso dell’Italia
(2012), osserva che la crisi economica in atto all’interno dei Paesi dell’U.E.
ha spinto l’opinione pubblica internazionale ad accusare l’Italia d’essere
l’epicentro della crisi europea e non la costituzione debole dell’euro per via
della zoppia politica’” che sinora ha privato l’Europa di un assetto
costituzionale. In Italia, i cittadini si dividono in “partiti”, nel senso che
alcuni ritengono che la colpa sia della concorrenza internazionale sfrenata;
altri ritengono che la colpa sia dell’euro per la falcidia che avrebbe
apportato al potere d’acquisto delle famiglie; altri ancora attribuiscono la
colpa all’adesione dell’Italia al Patto di stabilità senza sviluppo o, in
alternativa, all’immigrazione extracomunitaria e alle “ruberie” ed evasioni
fiscali. Dallo stato confusionale in cui versa l’opinione pubblica nazionale sarebbe
emerso, secondo Savona, una situazione nella quale l’Italia risulta adagiata su
una china che starebbe riportandola indietro.
Per porre rimedio all’inevitabile declino, Savona
ripercorre, retrospettivamente, le “eresie”, ovvero le scelte sbagliate che nei
decenni passati, con il consenso degli elettori, sono state adottate e gli
“esorcismi”, ovvero i provvedimenti ai quali di volta in volta si è fatto
ricorso per neutralizzare gli effetti negativi delle scelte effettuate. Alle
eresie ed agli esorcismi Savona fa seguire l’indicazione delle “scelte giuste” che
sarebbe necessario effettuare per mettere definitivamente “alle spalle una
crisi che dura da oltre mezzo secolo”. E dopo aver rinvenuto nella nazionalizzazione
del comparto dell’energia elettrica, nell’approvazione dello Statuto dei
lavoratori, nell’accettazione di vincoli connessi in particolare all’adesione
dell’Italia al Trattato di Maastricht ed al suo ingresso nell’area dell’euro, alcune
delle principali eresie che hanno dato la stura alla formazione ed alla crescita
patologica del debito pubblico, Savona sottolinea che non è stato possibile
impedirne o rallentarne la crescita con gli esorcismi delle manovre correttive man
mano che lo stesso debito cresceva.
Considerata la situazione di crisi attuale, per Savona,
il problema più urgente da affrontare è quello di “limitare i danni di un
aggiustamento che proceda secondo le linee imposte da un’Unione europea guidata
dal ‘blocco culturale germanico’”. A tal fine, propone di redigere un “Piano A”
composto dalle scelte da fare per stare in Europa ed un “Piano B” composto
dalle scelte da fare per uscirne. Se si decidesse di ricorrere al Piano B, cioè
di uscire dall’eurozona (ma non ancora dagli accordi europei vigenti), l’Italia
subirebbe sicuramente un contraccolpo grave, ma ricupererebbe il controllo di
tre strumenti di aggiustamento che il Paese ha ceduto ad autorità soprannazionali.
Tali strumenti sono: la possibilità per l’Italia di creare la propria moneta, di fissare
autonomamente i propri tassi di interesse e di stabilire i propri rapporti di cambio con l’estero. Per ottenere
effetti permanenti di risanamento dell’economia nazionale con il ricuperato
controllo di questi strumenti Savona individua le scelte giuste che dovrebbero
essere compiute. La prima dovrebbe essere l’individuazione di un luogo
istituzionale dove concentrare le “menti elette“ delle quali dispone il Paese
con il compito di curare gli interessi delle generazioni future. La seconda
dovrebbe riguardare l’adattamento del mercato del lavoro alle necessità della
concorrenza globale (altro che riforma Fornero!). La terza dovrebbe essere
diretta a chiedere la riforma del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e
dell’IMF (Fondo Monetario Internazionale). La quarta scelta giusta, infine,
dovrebbe consistere nel chiedere la completa attuazione e la riforma degli
accordi europei vigenti (completamento dell’unione politica, unificazione delle
politiche di bilancio, allargamento delle competenze della BCE (Banca Centrale
Europea) e completamento della liberalizzazione del movimento dei fattori
produttivi (persone, capitali, beni e servizi). Alle quattro scelte indicate,
Savona ne aggiunge un’altra di scorta alla quarta: quella di prevedere l’uscita
dagli accordi europei per ricuperare l’uso degli strumenti propri della
sovranità economica, pur restando nel contesto degli “accordi globali” che
reggono l’ONU, il WTO e il FMI.
A questo punto, Savona disvela l’intento di tutta la
sua narrazione sulle vicende italiane degli ultimi cinquanta/sessant’anni. Egli
pensa che nessun Paese dell’Unione abbia interesse a fare uscire l’Italia
dall’eurozona, per cui la “scelta di riserva” proposta è da ritenersi
improbabile; tuttavia, la sola minaccia di effettuarla può rafforzare il “peso
contrattuale” dell’Italia nell’ottenere la compiuta attuazione e le revisioni
necessarie degli accordi europei. Evidentemente, Savona, nel formulare il suo “gioco
di prestigio”, è partito dal presupposto che gli altri Paesi membri dell’Unione
(in particolare quelli dell’area tedesca) non abbiano valutato attentamente
quali sarebbero le conseguenze se l’Italia uscisse realmente dall’eurozona. E
poiché, per lo stesso Savona, le misure anticrisi del governo-Monti, lasciano
presagire che i gli altri Paesi non siano disposti ad accettare possibili “azioni
di ricatto”, non resterebbe che fare ricorso all’attuazione delle scelta giusta
di scorta alla quarta; cioè l’uscita dall’eurozona e avviare l’Italia ad una
crisi di transizione che la porterebbe a recuperare una presunta spinta alla
crescita ripartendo da una moneta nazionale svalutata sul mercato dei cambi di almeno
il 40% rispetto al valore dell’euro sul dollaro. In tal modo, L’Italia, pur
discendendo di parecchi gradini sulla scala dei confronti internazionali, si
porrebbe nella condizione di ricuperare le posizioni perdute nella graduatoria
del Paesi del Mondo.
In questa prospettiva, la distribuzione del reddito
non dovrebbe essere lasciata al mercato, ma dovrebbe essere affidata al
Parlamento ed alla contrattazione tra capitale e lavoro con la conservazione e
l’approfondimento delle antiche sperequazioni. E per quanto gravi possono
risultare, le sperequazioni distributive non dovrebbero prescindere dal
rispetto del principio che il patrimonio accumulato con il risparmio sia
rispettato e si rinunci ad ogni possibile prelievo patrimoniale.
Nel formulare la sua proposta di contrattazione con
gli altri Paesi europei e nell’illustrare i possibili effetti della fuoriuscita
dell’Italia dall’eurozona, Savona si è posto evidentemente fuori dal mondo;
egli infatti non ha attentamente considerato la condizione di estrema debolezza
del sistema sociale italiano nel momento attuale. Come sarebbe possibile far
pesare sugli italiani stremati dalla crisi l’ulteriore fardello di una
svalutazione della nuova moneta nazionale rispetto alla capacità d’acquisto
dell’euro attuale? Savona non ha pensato a tale effetto, a meno che egli abbia
taciuto sulla necessità che sia il Parlamento nazionale che la contrattazione
tra capitale e lavoro siano “dominati” dall’avvento di “Poteri forti” che
servirebbero a far vivere al Paese esperienze del passato che ci si augura
restino solo nella sua fantasia.
GIANFRANCO SABATTINI
GIANFRANCO SABATTINI