lunedì 21 maggio 2012

PARTITI ED EQUIVOCI


I partiti in Italia sono troppo deboli o troppo forti? Per l’oggi non è difficile rispondere: evidente è la loro fragilità. In realtà, però, anche ai tempi della prima Repubblica la loro invadenza tradiva una debolezza di fondo. Debordavano dai compiti costituzionali e smarrivano senso e obiettivi della loro azione, configurando così un assetto partitocratico, ma la loro capacità di governare e orientare le scelte della comunità era alquanto deficitaria. La cosiddetta partitocrazia senza partiti, perciò, affonda lì le sue radici: rispetto ad esempio all’Spd e alla Cdu tedeschi i principali soggetti politici italiani degli anni ’80 erano alquanto anemici, carichi di ambiguità e contraddizioni e sovente in flessione elettorale.
Non a caso, poi, gli ambienti “illuminati” già allora invocavano un governo di tecnici. Dagli anni ’90, naturalmente, il vuoto lasciato dai grandi partiti rappresenta una sorta di voragine e i tentativi compiuti per colmarlo paiono tutti inadeguati. Si tratta certo anche di processi comuni alle altre democrazie occidentali, ma da noi il fenomeno assume tratti peculiari e più marcati.
Nell’immaginario dei più, ad esempio, la figura del funzionario o del dirigente di una forza politica viene associata non a una scelta di vita, com’era un tempo, bensì, nell’ipotesi migliore, al grigiore burocratico e parassitario. Da qui l’accusa mossa al presidente francese Hollande di essere stato un uomo d’apparato.
Da qui, anche, il tentativo compiuto da diverse aree politiche di “sedurre” personaggi come Luca Cordero di Montezemolo, quasi a eludere ruoli e responsabilità. Ecco: a mo’ di provocazione, verrebbe da scrivere un “elogio del funzionario”. Già: perché i partiti tedeschi, poniamo, hanno i loro funzionari e i loro dirigenti, e riescono nel contempo a esprimere leadership forti e autorevoli, alla guida di uno dei Paesi più solidi al mondo. Beato quel popolo che non ha bisogno dei Montezemolo, verrebbe da aggiungere.
Insomma: con un paradosso solo apparente, potremmo dire che l’Italia necessita di una presenza più autorevole dei partiti – di partiti veri, non di fazioni e gruppuscoli di pressione – e nel contempo di meno partitocrazia.

Danilo Di Matteo

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